Videogiochi

Yohoo!
Dovete sapere che, sebbene ormai l’autunno sia iniziato da quasi due mesi – e manchi ben poco all’inverno, il mio cuore batte nell’estate (uh, che poesia…!) e dunque, col pensiero, a volte mi perdo ancora in quei giorni dorati. La mia è stata un’estate squisita per motivi vari, fra cui anche l’aver trovato qualche perla della narrativa, spaziando dai libri ai musical. So, perché non stilarne un puntualissimo elenco?

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“Si dice che, se aguzzi le orecchie, puoi sentire una strana melodia accompagnare ogni tuo passo.
Non ascoltarla per troppo. Ti farà paura.”
“… lo credi davvero?”

Yohoo!
… la mia idea, molto azzeccata, era di scrivere questo post gli ultimi giorni di Ottobre e postarlo per Halloween. Molto d’atmosfera, sapete. Avevo perfino preparato tutta la documentazione con largo anticipo!
… e poi boh, si è perso nella solita miriade delle cose da fare. Quindi d’accordo, non sarà un post halloweeniano, ma un post di Novembre: il mese dei morti. Direi che, comunque, restiamo in tema.
Perciò. Conoscete Lavandonia, no? Se siete qui, probabilissimo. Una delle più celebri leggende metropolitane su Pokémon, divenuta poi una vera e propria creepypasta. L’inquietante storia di una melodia maledetta che porterebbe gli ignari piccoli giocatori al suicidio, arricchitasi poi di altri pittoreschi dettagli quali zombie famelici e mano mozze vaganti. So, la grande domanda: cosa c’è di vero sulla Sindrome di Lavandonia?
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Ah, Silent Hill è uno dei ricordi più emozionanti della mia infanzia.
Come non ripensare, con dovizia di particolari, a tutte quelle notti – in orari tranquilli tranquilli, tipo le quattro – che ho passato appostata accanto al letto di mio zio. Chiusi nella sua camera. Al buio. Lui concentratissimo sul piccolo schermo del televisore, il joystick in mano. Mia madre lì accanto che gli leggeva le soluzioni da un giornale – perché sì, nella remota epoca del… quand’era, il 99?, ancora non c’erano i walkthrough su youtube, ma le soluzioni su rivista. Scritte a puntate, tra l’altro.
E io che scrutavo lo schermo con occhi sgranati. Sì, mi hanno traumatizzata a vita. E dire che mio zio non l’aveva mai neanche finito, il gioco. S’era perso nell’ospedale.
Secoli dopo, una volta diventata molto più skillata con i videogiochi – e, dopo anni di esperienze traumatiche, del tutto refrattaria all’horror (infatti gli horror ora per lo più mi causano ilarità compulsiva o incazzera bruciante) – una bella sera mi ero detta: ma alla fine non ho mai saputo come cacchiarola finisse Silent Hill. Sai che faccio, mi vedo un walkthrough.
*Intreccia dita* Ed è successo quel che non mi aspettavo. L’ho trovato figo. No, peggio: l’ho trovato fighissimo e soprattutto ben costruito, specie quando sono venuta a sapere di tutta la sconfinata simbologia che erano riusciti a ficcarci in un solo videogioco.
Poi ho avuto la bellissima idea di vedermi anche Silent Hill 2, e lì è stata seriamente la fine.
Da allora sognavo di scrivere una bella analisi e fare una riassuntino carino carino di tutto quanto di simbolico o presunto tale vi fosse in Silent Hill. Ebbene, cari amici, quel giorno è oggi. (?)

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Yohoo!
Okay, non avevo mai specificato ogni quanto avrei aggiornato il blog. *Anche se magari la prossima volta cerchiamo di metterci meno di cinque mesi.*
Leggermente riorganizzato, la grafica è più piacevole, Tremotino qui accanto ci dà la sua benedizione e siamo pronti a ripartire!
Dato che avevo una voglia matta di tornare alle mie analisi/sproloqui, non credo ci fosse scusa migliore per mettermi a chiacchierare di un rhythm game che mi ha colpita un saaacco: Deemo.
Deemo è un gioco di musica. La storia, in generale, alla fine risulta relativamente chiara; giusto alcune sfumature rimangono cifrate nelle note, nei versi e nelle immagini. Non soffermarsi ad analizzarle ci lascerebbe con solo il… guscio della storia e non l’essenza, perciò, se volete approfondire sui richiami e le simbologie che sono state ficcate nelle canzoni di Deemo, accomodatevi.
La portata di oggi è una delle mie canzoni preferite del gioco intero, nonché una delle più suggestive: Utopiosphere.

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