Yohoo!
Essendo che questo è un blog dedicato alla narrativa, giustamente, vuole parlare anche dei suoi strumenti. Quindi, mi sono detta, niente di più utile che una piccola rubrica su parole desuete nella nostra lingua, o parole intraducibili da altre – ma altresì necessarie.
Tipo.
La parola di questo post è dedicata ai lettori con tanto amore.

 


Vedete questa pila di libri qui? E’ una cosa che ho io, ma sono sicura che ce l’hanno anche molti di voi, se non tutti. E’ quella pila di libri che instilla in noi un vago senso di colpa; dal canto loro, invece, i libri che la compongono ci possono guardare con aria di sufficienza o tutti imploranti, a seconda. La pila dei libri da leggere.
Ebbene, esiste una parola fatta apposta per noi, coniata dagli colleghi procrastinatori giapponesi:

積ん読
Tsundoku

 

Ovvero un sostantivo che esprime esattamente l’idea di comprare libri, non leggerli, ammucchiarli e… lasciarli lì a fare la polvere.
Si spera che di quando in quando se ne peschi uno, dai.
(Se ve lo state chiedendo, il mio tsundoku è, in realtà, di dimensioni molto più ampie: la pila che ho qui è di altezza più o meno fattibile, certo, ma solo perché sono i libri che ho ammucchiato da quando mi sono trasferita a Viterbo. Giù ne avevo un’altra ventina buoni, se non di più. Come il malloppone di tutti I racconti di Terramare della Le Guin, o Tartarughe divine di Pratchett, o La vera storia di Capitan Uncino del Baccalario… mi guardano malissimo ogni volta che mi trovo in zona.)
Io però mi sto impegnando per ridurre almeno quella che ho sotto mano, infatti manca Se una notte d’inverno un viaggiatore che ho iniziato subito prima di scattare la foto. e_e
Chi vuole può condividere nei commenti le ansie che gli causa il suo personale tsundoku, così magari si sente meno in colpa. (?)
Bye!